16 marzo 2018 – Negli ultimi 20 anni le unioni di lunga durata in Italia sono diminuite quasi di un quarto; per la precisione, la quota di separazioni relativa ai cosiddetti matrimoni di lunga durata (vale a dire quelli uguali o superiori a 17 anni) è passata dall’11,3 per cento del 1998 al 23,5 per cento registrata a fine 2017. Eppure, il dato quantitativo dei matrimoni è in aumento, soprattutto negli ultimi anni: ad esempio, tra il 2014 e il 2015 gli eventi sono passati da 189.765 a 194.377, con un incremento di quasi cinquemila unità.
Le statistiche sulle separazioni. Questo è uno dei punti messi in evidenza dall’ultimo Annuario statistico italiano realizzato dall’Istat e pubblicato sul finire dello scorso anno, in cui si fotografa la realtà di un’Italia che si rivela il Paese più vecchio in Europa, quello con il dato più alto di figli che rimangono a casa, in cui si fanno pochi bebè e si registra una ripresa dei matrimoni a cui fa da contraltare, come accennato, l’incremento dei divorzi, a cui bisogna aggiungere le altre situazioni di separazione, come quelle descritte dagli approfondimenti di www.avvocatoaccanto.com in ambito legale.
I numeri del fenomeno. Soffermandoci per un momento proprio su quest’ultimo tema, l’Istat quantifica anche il dato relativo alle coppie che “scoppiano” nel nostro Paese (con dati aggiornati a fine 2015, tuttavia): in un solo anno, le separazioni legali sono salite a 91.706 casi (erano 89.303 nel 2014), con una forte prevalenza di quelle di tipo consensuale, che rappresentano l’82,2 per cento del totale, mentre le separazioni giudiziali sono la parte minoritaria.
Il boom dei divorzi. Per quanto riguarda i divorzi, si nota una spinta molto forte, che deriva strettamente dall’approvazione della cosiddetta legge del “divorzio breve” nel corso dello stesso 2015, con la quale si riducono in maniera drastica i tempi che devono intercorrere obbligatoriamente tra il provvedimento di separazione e quello effettivo di divorzio. In termini strettamente numerici, pertanto, dai 52.355 divorzi riscontrati nel 2014 si è giunti nel 2015 alla registrazione di 82.469 casi, ma come spiegato il dato va analizzato nel contesto di un cambiamento generale delle pratiche.
Effetti della nuova legge. In particolare, sono stati finalizzati nel corso dell’anno una gran parte di quei procedimenti (con separazioni concluse nel triennio 2013-2015) che con la vecchia normativa avrebbero visto decorrere i termini temporali non prima del 2016. Insomma, nessun allarme particolare sul “boom” dei divorzi, quanto piuttosto un primo impatto della differente normativa.
Ma aumentano i matrimoni. Cambiando argomento, abbiamo parlato della ripresa dei matrimoni che, dopo anni di segno meno, hanno ritrovato ambiente positivo nel corso del 2015; più in dettaglio, il rito religioso si conferma ancora stabilmente quello preferito dagli italiani che intendono convolare a nozze, caratterizzando quasi il 55 per cento degli eventi. In realtà, analizzando la distribuzione territoriale si scopre che sono soprattutto i cittadini meridionali a privilegiare il rito religioso (scelto quasi in tre casi su quattro) così come quelli delle Isole (66 per cento), mentre al Nord e al Centro è il rito civile ad essere scelto nella maggior parte dei casi.
La Russia in testa per le nozze. Allargando il campo dell’analisi, l’Istat rivela comunque che a livello internazionale l’Italia resta ancora agli ultimi posti tra i Paesi con la nuzialità più bassa, pari a 3,2 riti per mille abitanti: solo Portogallo e Slovenia hanno un quoziente di nuzialità inferiore, pari a 3,1 per mille, mentre al contrario Bielorussia (8,9 per mille), Albania (8,7 per mille) e Russia (8,3 per mille) sono le nazioni in cui ci si sposa di più.