Ne parliamo perché la questione del gioco d’azzardo su tutto il territorio nazionale è di primaria importanza anche se ancora viene sottostimata. Forse perché costituisce la terza industria italiana? Si pensi che il fenomeno coinvolge quindici milioni di giocatori di cui 800.000 giocatori problematici e due milioni a rischio di dipendenza patologica, tanto che l’Italia gode il primato di maggiori giocatori d’azzardo rispetto al resto dell’Europa.
Oggi pomeriggio ci prendiamo uno spazio di riflessione e di pensiero su tale questione, ne parliamo in via Enrico Albanese a Palermo presso la sede di Scommetto che Smetto, servizio per la prevenzione e cura della dipendenza da gioco d’azzardo.
Vent’anni fa non avrei mai supposto che mi sarei trovato a dedicare così tanta attenzione ad una malattia, il gioco d’azzardo patologico, che oggi sta diventando fenomeno di massa che viene a devastare individui e famiglie di ogni ceto ed età.
Con l’equipe di Scommetto che Smetto, psicoterapeuti ed operatori di strada dell’ARPI e dell’Opera don Calabria, prima che sul trattamento clinico lavoriamo in termini preventivi e di promozione della salute. Sembra una lotta impari considerato che anche dalle nostre parti stanno arrivando perfino i casinò per bambini, luoghi ove non vengono utilizzate banconote ma i ticket (come se questo per un bambino facesse la differenza) che a fine giocata possono essere scambiati in premi di consumo.
Uno stratagemma, uno dei tanti, per aggirare la legislazione, il gioco infatti è “rigorosamente vietato ai minori”, e continuare in questo scempio dell’essere umano ridotto ad oggetto sacrificato al mercato dei consumi.
Pensare che un oggetto comprato è meno desiderabile di un premio frutto di una vincita e, pertanto, il sistema delle Ticket redemtpion costituisce una induzione al gioco d’azzardo, e non a quello ricreativo, che nell’arco di qualche anno (ancor prima della maggiore età) produrrà nuovi consumatori patologici!
Si viene a ingenerare quella che in termini di approccio cognitivista si chiama illusione di controllo o, ancora, fallacia. L’illusione di controllo indica la certezza della vincita a motivo della propria onnipotenza, per cui un giocatore ritiene che le sue vincite siano frutto delle abilità psico-fisiche, perché lui crede di potere influenzare quello che accade!
Per fallacia del giocatore, invece, si intende la sopravvalutazione della possibilità di successo, come una sorta di legame con il fato. Questo ulteriore aspetto procura l’orientamento della persona verso i giochi di pura alea e cioè privi di abilità e totalmente consegnati alla “superstizione”.
Il bambino, cioè, non si confronta con un gioco di abilità e impara a strutturare il successo in base ad una combinazione magica e non in rapporto alle proprie abilità o conoscenze.
Si tratta di un’iniziazione in quanto anche per i bambini, ad esempio, la slot assume un suono differente ed ipnotico, a seconda delle combinazioni! Man mano introdurranno anche delle baby video lottery in cui sarà la velocità ad avere il primato e l’impulso alla soddisfazione immediata sarà sempre più accellerato.
Questo è uno scorcio di quella lotta impari che continuiamo a sostenere insieme a tanti che nel territorio nazionale stanno fronteggiando da anni l’epidemia del gioco d’azzardo.
Ci rendiamo conto che la prevenzione comincia con la promozione della salute e quindi con la partecipazione a tavoli di pianificazione urbanistica e di servizi territoriali. Si pensi, ad esempio, all’importanza di un parco giochi in ogni quartiere della Città o a isole pedonali e piste ciclabili in cui ritrovarsi per fare sport o condividere una passeggiata. Così come alla promozione della cultura della bellezza, dell’arte e dello spettacolo, o il favorire l’espressione e la risonanza creativa. Sono tutti luoghi che favoriscono la crescita ed il ben-essere dell’anima.
Gioco e realtà non coincidono, bisogna piuttosto favorire lo spazio per recuperare espressione libera e spontanea, capacità d’interazione non rigorosamente strutturata, a partire dal mondo scolastico. Tristemente l’inizio della scolarizzazione viene percepito come la fine del gioco spontaneo e questo di fatto non corrisponde a verità pedagogica. Donald Woods Winnicott, illustre pediatra e psicoanalista del secolo scorso, ci ricorderebbe che attraverso il gioco il bambino impara a simbolizzare e a costruire, il legame con l’altro, cioè a stare in relazione trovando un suo spazio di vita in questo mondo.
Nel mentre che si avvia la conversazione nel nostro Rione di Danisinni, a Palermo, sta nascendo una fattoria sociale, luogo di incontro e di dialogo tra la gente e, in questi giorni, finalmente: il parco giochi!
Frate Mauro Billetta, psicoterapeuta sul Gioco d’azzardo