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Questione Alto Belice Ambiente–ATO PA 2. Dove ci eravamo lasciati il 31 marzo 2015?

Monreale, 30 marzo – Aprendo l’ultima pagina pubblicata on line il 31 marzo 2015 da Filodirettomonreale.it fa una certa impressione leggere fra i titoli di testa: Alto Belice Ambiente. L’8 aprile si dovrebbe definire il trasferimento del ramo d’azienda”; Toni Minasola s’incatena dinanzi al Duomo di Monreale, titoli ed episodi che ci riportano indietro nel tempo e che, per riannodare il filo spezzato, necessitano essere ricostruiti ed aggiornati. Riannoderemo il filo dando particolare risalto alla fase post fallimento e, soprattutto, alle ripercussioni che ha avuto sugli ex dipendenti dell’Alto Belice Ambiente.

22 DICEMBRE 2014 – FALLIMENTO ALTO BELICE AMBIENTE SPA – ATO PA2

È questa la data in cui viene dichiarato ufficialmente il fallimento della società ponendo gli ex dipendenti in stato di sospensione dall’attività lavorativa (quiescenza), senza alcuna specifica comunicazione fatta ai lavoratori. Una sentenza strana, difforme da quella dell’AMIA SpA a cui, a differenza dell’Alto Belice Ambiente Spa, è stata concessa l’amministrazione controllata che ha permesso il transito del personale alla RAP SpA.

La sospensione dell’attività lavorativa ha causato un vero e proprio vuoto di potere, lasciando i dipendenti senza dei veri punti di riferimento, scatenando da parte dei comuni l’applicazione di soluzioni più disparate e disomogenee. In diversi comuni, anche su specifica richiesta dei rispettivi Sindaci, i dipendenti hanno prestato la propria attività lavorativa oltre la data del licenziamento, alcuni fino al 10 febbraio 2015.

Prima e dopo questa data sono state emesse le ordinanze sindacali ai sensi dell’art. 191 del D. Lgs. 152/2006, affidando il servizio a ditte private.

Caso unico e raro, dalla data del fallimento e dalla messa in quiescenza dei dipendenti, gli stessi non hanno goduto di alcun ammortizzatore sociale.  Per più di otto mesi gli ex dipendenti dell’Alto Belice Ambiente non hanno percepito alcun emolumento, cioè nelle loro tasche non è entrato un centesimo.

Una situazione che li ha sfiniti psicologicamente ed economicamente, li ha ridotti alla fame costringendoli, come successo ad un ex dipendente di ruolo del comune di Bisacquino, a mendicare girando per le strade di Corleone utilizzando la sola “arma” a loro familiare cioè la ramazza, pulendo le strade in cambio dell’elemosina fatta dagli impietositi cittadini corleonesi.

Ma ritorniamo al fallimento dell’Alto Belice Ambiente (sommerso da 75 milioni di euro di debiti), che è stato causato, a dire di tutti (sindaci, commissari, opinione pubblica in primis), dall’eccessivo numero di dipendenti. Sarebbe opportuno fare una riflessione, analizzando se, in quasi dieci anni di attività, la perdita di 75 milioni di euro sia da addebitare al numero eccessivo di dipendenti o vi siano altre motivazioni.

Un dato è certo, la sentenza d’insolvenza ha certificato nelle casse disastrate dell’Alto Belice Ambiente un mancato versamento dei corrispettivi per i servizi svolti nei Comuni soci di € 32 milioni di euro da parte dei comuni stessi, cioè quasi il 50% del debito totale dell’Alto Belice Ambiente.

Già la delibera della Corte dei Conti n° 21 del 2012 dava ottimi spunti di riflessioni sulle reali colpe della gestione scellerata degli Ato rifiuti siciliani fatta dalla politica e dai Comuni in particolare.

(Cap.5.  – conclusioni, pg. 23 “… è peraltro emersa una sostanziale deresponsalizzazione dei Comuni interessati che, in moltissimi casi, hanno omesso di corrispondere agli ATO quanto loro dovuto per le tasse del servizio riscosse direttamente, mentre poi gli stessi Comuni hanno omesso di attivarsi nei controlli di competenza previsti dalla normativa vigente e funzionali a correggere le diffuse irregolarità gestionali ricorrenti …”).

TRATTATIVE POST FALLIMENTO

Dopo il fallimento furono intraprese numerose trattative fra i sindaci, i sindacati e la Regione volte a garantire il ritorno al lavoro degli ex dipendenti, anche se l’attenzione nei sette mesi di trattative si orientò  in un’unica direzione: ridurre il costo del personale attraverso la riduzione dei livelli, dell’orario di lavoro e dei diritti contrattuali acquisiti nei dieci anni, ma senza, di contro, predisporre un vero piano finanziario ed industriale per rendere sostenibile il sistema di raccolta e gestione del settore, senza una vera analisi della reale situazione, senza nessuna lotta contro gli sprechi, la mala gestione (vedi art. https://www.filodirettomonreale.it/2016/03/29/inchiesta-alto-belice-ambiente-le-denunce-di-di-matteo-e-lo-biondo/) e (con esclusione dei 7 comuni dell’area B) la mancata attuazione di una corretta differenziazione e gestione dei rifiuti.

L’obiettivo primario della nascita degli ATO, ovvero l’ottimizzazione dei servizi e la realizzazione di una vera raccolta differenziata, che avrebbero abbattuto notevolmente i costi di conferimento in discarica non furono minimamente considerati.  Così come non furono minimamente considerati e presi come modello gli esempi virtuosi all’interno della stessa società che aveva permesso ai comuni dell’area B di centrare gli obiettivi previsti dalla normativa nazionale.

Le varie trattative sono sfociate in due accordi:

Il primo accordo è del 18/02/2015 ed è fortemente penalizzante per i lavoratori, veri e propri capri espiatori dell’intera vicenda, ai quali viene chiesto un notevole sacrificio economico, consistente principalmente nel riporto di tutti i dipendenti al livello d’ingresso,  nella riduzione dei livelli parametrali con azzeramento dell’anzianità maturata, nell’ulteriore abbassamento dei livelli per tutti i dipendenti amministrativi, nella riduzione del livello degli autisti e nella riduzione oraria variata (dal 6% al 20%) in base ai livelli, con maggiore penalizzazione per i dipendenti amministrativi (20%).

Questo primo accordo, benché fosse stato accettato dai lavoratori, è stato disatteso dagli stessi sindaci i quali, dopo la firma, non sono riusciti a trovare una convergenza univoca sui criteri di ripartizione dei costi e del personale. Segue una fase di stallo culminata in una nuova proposta fatta dai sindaci.

Il nuovo accordo proposto in data 29/04/2015 prevedeva, oltre agli accordi sottoscritti in data 18/02/2015, un ulteriore decurtazione dell’orario settimanale.

In data 05/05/2015 viene sottoscritto il nuovo accordo sindacale, valido fino al 30 giugno 2015, che ratifica quanto stabilito negli accordi del 18/02/2015 e del 29/04/2015.

Per l’applicazione dei due accordi fu creata all’interno della SRR Palermo provincia Ovest una società di scopo, la “Belice Impianti Srl”.

BELICE IMPIANTI SRL

La “BELICE IMPIANTI srl”, nasce ufficialmente il 22/01/2015 con lo scopo di transitare tutto l’ex personale nella nuova società, applicando i due accordi sottoscritti fino al 30 giugno 2015. La presidenza viene affidata all’ing. Francesco Morga.

Agli ex dipendenti dell’Alto Belice Ambiente viene fatto sottoscrivere con la Belice Impianti srl un contratto riassuntivo dei due accordi. La data di decorrenza del contratto era quella del 29/06/2015, mentre la scadenza era datata 30/06/2015, cioè la durata contrattuale prevista era di un solo giorno! Una vera beffa ed un ulteriore umiliazione, tuttavia, quasi tutti i dipendenti accettarono di firmare il contratto.

Ma la speranza di ritornare al lavoro è vanificata il 30 giugno 2015, quando un telegramma inviato dalla Belice Impianti srl comunicava ai dipendenti l’impossibilità ad iniziare l’attività per mancanza di capacità finanziaria. In seguito ad un ulteriore incontro dei Sindaci dei Comuni coinvolti presso la SRR di Monreale, la data d’inizio dei lavori è stata rinviata a luglio 2015.

In data 16/07/2015, l’ing. Francesco Morga, amministratore unico della Belice Impianti srl, si è dimesso motivando la sua decisione con “l’impossibilità di avviare le attività connesse alla ripresa del servizio nei comuni a causa di mancanza di atti e di impegni spesa di competenza delle stesse amministrazioni comunali.”

23 LUGLIO 2015 – ASSEMBLEA SOCI EX ATO PA2 E RINUNCIA AL FITTO DEL RAMO D’AZIENDA

Nel frattempo, Il 14 luglio 2015 scaduta la precedente ordinanza emergenziale, viene emanata, ai sensi dell’art. 191 del D. LGS. 152/2006, dal Presidente Crocetta una nuova ordinanza, la n° n° 20/rif, che concede un’ulteriore proroga di 6 mesi dalla data del 15/07/2015.

Questa nuova proroga è una mazzata per le residue speranze degli ex dipendenti dell’Alto Belice Ambiente, infatti la stragrande maggioranza dei sindaci siciliani e a maggior ragione quelli in capo ai comuni dell’ex ATO PA2, in mezzo al caos e al vuoto legislativo creatosi, hanno fatto ricorso a nuove ordinanze ai sensi dell’ex articolo 191, rivolgendosi ancora alle ditte private, rinnovando o assegnando ex novo i servizi, avvalendosi di personale esterno e rinnegando i due accordi sottoscritti.

In data 23 luglio 2015 i sindaci dei comuni gestiti dall’Alto Belice Ambiente hanno deliberato di non rinnovare il fitto del ramo d’azienda alla Belice impianti srl.

La rinuncia al fitto del ramo d’azienda è stata la pietra tombale e la misera conclusione della breve storia della Belice Impianti srl e ha sancito, di fatto, il definitivo licenziamento dei dipendenti dell’Alto Belice Ambiente, concretizzatosi ufficialmente il 1 ottobre 2015, esattamente dopo quasi 10 mesi di estenuanti trattative, speranze, illusioni e delusioni.

Dalla ricostruzione cronologica dei vari avvenimenti, emerge in maniera chiara l’oggettiva responsabilità dei Comuni dell’ex ATO PA2 nella gestione della fase post fallimento dell’Alto Belice Ambiente SpA e l’incapacità di una Regione, di un Assessorato e dei vari commissari delegati nel fare applicare le leggi emanate dalla stessa Regione.

Una vera e propria politica fallimentare di cui si ha riscontro anche nell’attuale gestione siciliana dei rifiuti che sta portando, drammaticamente, la Sicilia verso l’ennesima emergenza rifiuti.

Stato d’emergenza richiesto ufficialmente in questi giorni dal presidente Crocetta e dall’assessore Contrafatto al governo nazionale … e si sa …nell’emergenza ci sguazzano in tanti…

Eppure la soluzione ci sarebbe, cioè attuare seriamente la raccolta differenziata, magari utilizzando il metodo ampiamente collaudato del porta/porta che permetterebbe di razionalizzare i servizi e ridurre i costi senza gravare né sui cittadini né sui lavoratori.

In questo modo si potrebbero spostare le somme destinate al pagamento delle discariche verso la forza lavoro, contribuendo così ad alimentare una economia circolare a benefico dei territori locali.

Ma il paradigma dominante in Sicilia nella gestione dei rifiuti è sempre quello che vede le discariche come principale destinazione dei rifiuti … chissà perché?

Ecco, abbiamo riannodato il filo interrotto.

 

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